Le valide premesse di The Yoga Play vengono riprese e approfondite in questo episodio che vede la suspance come principale protagonista. Finalmente ecco tornare la sensazione di angoscia che ci accompagnava durante la visione delle prime due stagioni. C’è da dire che con la seconda stagione gli standard e le aspettative si erano molto alzati e reggere il confronto non è facile, ma finalmente Homeland sta ritrovando la sua dimensione e lo fa con quello che da sempre è stato il suo maggior punto di forza: il fattore spionistico.
La puntata riprende esattamente da dove l’avevamo lasciata: Carrie si trova al cospetto di Javadi, attaccata alla macchina della verità, e nel giro di una manciata di secondi ribalta nuovamente le carte in tavola, diventando da preda a predatrice. Il piano non consisteva nel far diventare Carrie un’infiltrata nelle fila nemiche, ma riuscire ad incontrare Javadi faccia a faccia per farlo diventare un assist della CIA; del resto, l’uomo altri non è che un nemico del suo stesso Paese. Ancora una volta le spiccate doti di Carrie vengono messe in luce: mette Javadi alle strette, riuscendo ad accordare un incontro tra lui e Saul. Immediatamente il personaggio di Javadi, che fino a questo momento viene visto come un essere senza scrupoli, viene ridimensionato. Gli viene dato il giusto spessore e reso umano. Spietato, crudele, ma pur sempre umano.
Nel frattempo, nel luogo designato per l’interrogatorio, scopriamo che i rapporti con Saul e Javadi hanno radici trentennali. Difatti i due erano colleghi ai tempi della Rivoluzione Iraniana ma il tradimento di Javadi è costato a Saul la vita di quattro civili. E a questo punto Fara pone la domanda che anche tutti noi ci siamo chiesti: è tutto riconducibile ad una vendetta personale? No. Saul ha avuto il suo riscatto quando ha portato sul suolo americano la moglie e il figlio di Javadi, quella che si sta compiendo in questo momento è semplice giustizia.
Ma questa vittoria di Saul e Carrie perde di importanza quando Javadi fa un cambio di rotta e, anziché recarsi all’incontro designato, passa per l’abitazione dove vive l’ex moglie e uccide brutalmente lei e la nuora. Qui Javadi perde tutta l’umanità che aveva acquistato consegnandosi così facilmente alla CIA e torna ad essere agli occhi dello spettatore l’uomo spietato e sanguinolento. Non uccide l’ex-moglie con un colpo di pistola come ha fatto con la nuora, ma lo fa usando una bottiglia rotta, traendo piacere nel vederla soffrire.
In questa puntata non c’è tempo di lamentarci perché la storia della copertura di Carrie viene liquidata – letteralmente – in una manciata di minuti, o non c’è tempo di sorprenderci nello scoprire che Saul e Javadi un tempo lavoravano fianco a fianco, gli eventi sono in continuo movimento e ci impediscono di soffermarci realmente su qualcosa.
Soltanto quando i due nemici si trovano uno di fronte all’altro, il ritmo narrativo frenetico rallenta. I due si trovano finalmente faccia a faccia ma non c’è soddisfazione nell’espressione di Saul: si trova di fronte alla più grande conquista della sua carriera, ma in realtà l’uomo sa bene che quella sua vittoria conta ben poco. Non impedirà al Senatore Lockhart di diventare capo della CIA e non riporterà in vita le due donne che Javadi ha ucciso pochi istanti prima. Infatti, non c’è liberazione nel pugno che Saul assesta a Javadi, ma rancore e rabbia.
Mentre si svolgono queste vicende, alla CIA il Senatore Lockhart viene accolto da Dar Adal e, per quanto sia breve il loro scambio, rimane comunque estremamente interessante. I due discutono del futuro della CIA e lo fanno in maniera non troppo velata. E, apparentemente, sono entrambi sulla stessa lunghezza d’onda. Certo, in uno show che ci ha appena ricordato che niente è mai come sembra, il personaggio di Dar Adal potrebbe essere tutto e il suo esatto opposto. Potrebbe essere un furbo voltafaccia o più semplicemente lavorare per Saul come infiltrato.
Lo Still Positive a cui si riferisce il titolo altri non è che un riferimento all’ennesimo test di gravidanza – appunto Ancora Positivo – che fa Carrie.
Carrie, che stai fuori con l’accuso e non ne avevamo dubbi, ma era necessario tenere da parte tutti i test di gravidanza?? WTF.
A tutti sorge spontaneo chiedersi chi è il padre, se Bordy o il tizio rosso conosciuto al supermercato. Certo, il grande numero di test presenti nel cassetto ci lascia intendere che le probabilità che appartenga a Brody sono molto elevate, e questo spiegherebbe anche la sua insistenza a voler smettere di prendere le medicine, ma darebbe un risvolto soap alla vicenda che non mi convince più di tanto.
A proposito di rivolti spiacevoli, la piega che sta prendendo la storia di Dana mi lascia sempre più perplessa. Per quanto sono entusiasta all’idea di non vederla più (chi è della mia stessa opinione twitti #KillDana), la sua scelta di non essere più una Brody e emanciparsi mi fa storcere il naso. Anzi, la cosa che mi lascia ancor più dubbiosa è che la madre glielo lasci fare. Certo, se basta a togliercela dai piedi non faccio domande e mi accontento.
Concludo ponendo a voi e a me stessa una domanda: si sente la mancanza di Brody? Ho rimuginato a lungo in cerca di una risposta e alla fine ci sono arrivata: no. Per la piega che stanno prendendo le vicende, il personaggio di Brody risulta superfluo, quasi ingombrante. Manca il personaggio che è stato un tempo, quando era parte integrante delle vicende, ma ora come ora la sua presenza per le dinamiche è del tutto inutile. Forse, se gli autori sapranno giocarsi bene la carta “Brody”, con questa terza stagione potrebbero buttare le basi per un suo eventuale ritorno nella quarta, ma, in realtà, è tutto ancora da vedere.
Come sempre vi rimando a visitare Homeland Italia e Series Addicted.
Finalmente dire con questa puntata si ritorna a fare sul serio. Non mi manca Brody per ora, non è fondamentale ma tanto sappiamo che tornerà
Ci rimarrei male se mi liquidassero Brody così! Io spero ancora che abbiano un asso nella manica e che rintreccino il suo personaggio all’interno della storia! ç.ç